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Termini e condizioniLe stime aggiornate dalle principali istituzioni finanziarie e commerciali dipingono un quadro allarmante per l’economia globale nel 2025. L’agenzia di rating Fitch e l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) hanno rivisto al ribasso le previsioni di crescita, segnalando rischi crescenti legati alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e all’aumento dei dazi. Il Pil mondiale potrebbe crescere meno del 2% quest’anno, il livello più basso dal 2009 (esclusa la pandemia), mentre il volume del commercio internazionale di merci potrebbe registrare un calo dello 0,2%, con punte del -1,5% in caso di ulteriore escalation.
Il peso del conflitto USA-Cina
La decisione degli Stati Uniti di innalzare i dazi sulle importazioni cinesi al 145% e le ritorsioni di Pechino (fino al 125% sui prodotti americani) hanno innescato un circolo vizioso. Secondo Fitch, le tariffe medie effettive tra i due Paesi rimarranno sopra il 100% per gran parte del 2025, per scendere al 60% solo nel 2026. Questo scenario ha già prodotto effetti tangibili: l’inflazione negli USA ha superato il 4%, con salari reali in caduta libera e una frenata decisa negli investimenti per le imprese. La Fed, intanto, ritarderà il taglio dei tassi almeno fino al quarto trimestre, con il rischio di aggravare ulteriormente la situazione.
Impatto regionale divergente
Le ripercussioni non sono uniformi. Il Nord America è l’area più colpita: le esportazioni statunitensi potrebbero contrarsi del 12,6% nel 2025, trascinando il Pil USA all’1,2% annuo, con un crollo allo 0,4% nell’ultimo trimestre. Canada e Messico, strettamente integrati con l’economia americana, rischiano recessioni tecniche. L’Eurozona, invece, crescerà sotto l’1%, nonostante gli stimoli fiscali tedeschi. Mentre la Cina, pur rallentando sotto il 4%, potrebbe tamponare gli effetti con politiche monetarie e fiscali espansive. E infine i Paesi in via di sviluppo, dipendenti dalle esportazioni, rischiano un collasso disastroso degli scambi.
Il monito del WTO e le distorsioni commerciali
Il WTO avverte che l’incertezza sulle politiche commerciali sta diventando un “freno strutturale” alla crescita. La contrazione dello 0,2% del commercio globale nasconde infatti dinamiche distorte: le esportazioni cinesi verso gli USA crollano in settori come tessile ed elettronica, ma Pechino compensa incrementando le vendite in Asia (+4,9%). E alcuni Paesi a basso reddito, come Vietnam e Bangladesh, potrebbero approfittare del vuoto lasciato dalla Cina nel mercato americano.
Prospettive e rischi futuri
Fitch e WTO concordano quindi su un punto: il 2025 potrebbe essere solo l’inizio di una fase di stagnazione prolungata. Se gli USA ripristineranno i dazi “reciproci” sospesi per 90 giorni su 180 Paesi, il commercio mondiale potrebbe contrarsi dell’1,5%. Intanto, la Banca Mondiale stima che 40 milioni di persone cadranno in povertà estrema a causa del rincaro delle materie prime e del crollo della domanda globale.
L’unico spiraglio viene dalla resilienza del settore dei servizi, che nel 2024 è cresciuto del 6,8% e nel 2025 manterrà un +4%. Tuttavia, senza una normalizzazione delle relazioni commerciali, la ripresa prevista per il 2026 (+2,5% commercio merci, +2,4% Pil globale) rischia di rimanere un’ipotesi teorica. Come ha sottolineato la direttrice generale del WTO, Ngozi Okonjo-Iweala, "la de-escalation tariffaria è temporanea. Senza un quadro chiaro, il rischio è una nuova era di protezionismo".
In questo contesto, la comunità internazionale si interroga sulla sua capacità di governance globale: il G20 di luglio a Rio de Janeiro sarà dunque un banco di prova cruciale per evitare che la guerra commerciale si trasformi in una crisi sistemica.