Mentre il conflitto in Ucraina continua, un attore inaspettato è emerso come mediatore chiave: l’Arabia Saudita. I recenti colloqui tra Stati Uniti e Russia, ospitati a Riyadh, segnano un cambio di paradigma nella diplomazia globale, con il Regno Saudita che si impone come ponte tra Oriente e Occidente. Ma cosa spiega questa scelta?
Perché Riyadh? La scelta di Trump e i vantaggi strategici
La decisione di Donald Trump di affidare all’Arabia Saudita il ruolo di mediatore non è casuale. Tre fattori chiave spiegano questa scelta:
- Relazioni personali: Trump ha sempre privilegiato rapporti diretti con leader come il principe ereditario Mohammed bin Salman (MBS), considerato un alleato affidabile
- Neutralità operativa: l’Arabia Saudita mantiene buoni rapporti sia con Mosca (grazie ad accordi energetici) che con Washington, posizionandosi come terza parte non coinvolta direttamente nel conflitto
- Capacità di facilitazione: il Regno ha già dimostrato efficacia nel rilascio di prigionieri (es. negoziati tra Russia e Ucraina nel 2022) e nella gestione di dossier complessi, come nel caso della crisi del Golfo Persico
- Curiosità: i colloqui di pace tra Ucraina e Russia si svolgono al Ritz-Carlton di Riyadh, lo stesso hotel dove nel 2017 MBS ha lanciato la campagna anticorruzione che ha rafforzato il suo potere.
Il peso regionale dell’Arabia Saudita: da attore locale a potenza globale
L’ascesa di Riyadh come hub diplomatico riflette un cambio di strategia che va oltre il Medio Oriente:
- Economia e influenza: on un Pil di oltre 1.000 miliardi di dollari e riserve di petrolio, il Regno usa il suo soft power per attrarre investimenti e posizionarsi come 'stabilizzatore' in un’area caotica
- Riconciliazione con l’Iran: dopo l’accordo del 2023, l’Arabia Saudita ha ridotto le tensioni con Teheran, acquisendo credibilità come mediatore in conflitti regionali
- Visione 2030: il piano di diversificazione economica di MBS include un ruolo geopolitico più ambizioso, con investimenti in tecnologia, energia rinnovabile e diplomazia preventiva.
Ecco alcuni esempi concreti
- In Siria, Riyadh ha sostituito Ankara come interlocutore chiave per il nuovo governo siriano, promuovendo ricostruzioni e sanzioni
- In Libano, attraverso l’elezione di Joseph Aoun come presidente, i Sauditi hanno indebolito Hezbollah e rafforzato i legami con Beirut.
Le prossime sfide: tra Israele-Palestina e pressioni interne
Nonostante i successi, l’Arabia Saudita è costretta comunque ad affrontare una serie di sfide cruciali, nel presente e nel prossimo futuro. Ad esempio:
- Normalizzazione dei rapporti con Israele: pur avvicinandosi a Tel Aviv, MBS insiste sulla creazione di uno Stato palestinese come precondizione, per non alienarsi l’opinione pubblica araba
- Dipendenza dagli USA: nonostante l’indipendenza diplomatica, il Regno rimane legato a Washington per sicurezza e tecnologia, un equilibrio molto fragile
- Implicazioni domestiche: le riforme economiche radicali di Vision 2030 cozzano con le aspettative di una popolazione giovane e in cerca di diritti.
Il futuro: un multipolarismo con Riyadh al centro
I negoziati ucraini segnano l’inizio di un’era saudita nella diplomazia globale. Con l’Occidente in ritirata dal Medio Oriente e la Cina in espansione, l’Arabia Saudita punta a diventare un ponte tra i due mondi, sfruttando:
- Relazioni trasversali: dal dialogo con la Russia al sostegno a iniziative europee su clima ed energia
- Leadership nel mondo sunnita: come custode dei luoghi santi islamici, il Regno guida l’opposizione all’influenza iraniana, pur mantenendo un dialogo pragmatico
- Investimenti in tecnologia: dalla piattaforma NEOM alle partnership con NVIDIA, il Regno sta sviluppando un’immagine di profonda innovazione.
In sintesi, l’Arabia Saudita non è solo un luogo adatto ai negoziati: è un attore geopolitico fondamentale, che sta contribuendo a ridefinire le regole del gioco a livello globale. E mentre il mondo guarda a Riyadh, per una soluzione in Ucraina, il Regno Saudita scrive un capitolo nuovo nella storia del Medio Oriente, tra ambizioni globali e persistenti fragilità interne.